Il regista, ha visto il fronte; è stato in Vietnam come volontario nel 67/68.
Forse è per questo che il suo Platoon, rimane per me uno dei più grandi capolavori della cinematografia di guerra, ma non solo.
Chris Taylor (Charlie Sheen), il protagonista, è un giovane volontario; scrive dal fronte alla nonna, sprofondando lentamente dentro se stesso, i suoi tormenti e quelli del suo plotone...
Una guerra, quindi, che viviamo con gli occhi innocenti di un volontario che, dopo mesi, comincia a vedere i due volti del conflitto, attraverso due teorie ben precise e contrapposte...
Tutta la storia, è ovviamente ispirata a qualcosa che, il soldato Stone, ha vissuto in Vietnam, durante il suo turno biennale...
Chris, viene subito impegnato in operazioni di "search and destroy", quindi, presto incontrerà la morte, ma anche una brutalità, che lo porterà a combattere una guerra interiore.
Come spiega Chris, nel finale, è proprio la guerra interiore una delle guerre da combattere per rimanere umani, per mantenere il "possesso della propria anima"...
Così, come spesso ho avuto modo di pensare anch'io, quando mi sono trovato in situazioni difficili (mai quanto un conflitto), e come forse tutti abbiamo avuto modo di sperimentare nella vita, spesso le persone cambiano proprio nelle situazioni "difficili".
Nel quotidiano, non sai mai se hai vicino a te un Burns o un Elias, questo penso.
Chris, vorrebbe denunciare le brutalità, ma rischierà la corte marziale prima, e la vita, poi, per difendere la propria umanità in quella che, forse, è una perenne battaglia interiore degli esseri umani, in qualunque guerra ed in qualunque tempo...
Noi, civili che viviamo in tempi di pace, possiamo solo illuderci della nostra civiltà, della saldezza dei nostri intenti, dei nostri valori; sono convinto che solo pochi tra noi, possano all'interno di un gruppo che vive situazioni drammatiche, che siano di guerra o meno, mantenere quel posseso di se, di quei valori fermi ed assoluti, che fanno di ognuno di noi un vero e pieno essere umano.
E' nelle situazioni al limite, e la guerra è la situazione limite per eccellenza, che chiunque tra noi, potrebbe trasformarsi in un mostro, in un violento, in un killer che spacca crani ai civili, come Bunny; oppure, rimanere, tra tanto orrore, una persona come il Sergente Elias, che muore per difendere i principi elementari, per rimanere umano anche se combattente, per difendere dentro se, e al gruppo, quei sentimenti e quei valori che ci qualificano come esseri umani, prima ancora che soldati...
Inutile e falso, dirci tutti amici e solidali di Elias; tra di noi moltissimi "terrebbero" per Burns, statene certi, come forse, tiene anche il comandante, nel film, a questo micidiale sergente...
Vuoi per reazione violenta alla paura, vuoi per conformarsi al gruppo, vuoi per non aver grane o noie, i Burns ci sono sempre stati e sempre ci saranno...
E' come il "lato oscuro" della forza, c'è anche il pregiudizio che la violenza, in guerra, sia vettore di salvezza; ma, come tutte le attività umane, anche la guerra, ha le sue regole, i suoi codici, e se viene combattuta come Burns, oltre all'innocenza, si perderà per sempre la propria anima.
E forse, in definitiva, oltre all'anima, si perde la guerra stessa, se una larga parte di un gruppo, perde la bussola, l'orientamento e quindi gli obbiettivi veri e prioritari, ovvero, salvare la pelle, e, magari, anche quello che c'è sotto...
Burns ed Elias, sono dentro di noi, ma grazie a Dio, viviamo ancora in tempi di pace, molto difficilmente vivremo mai simili conflitti interiori, molto difficilmente, come Chris, ci sentiremo figli di quei due...
Possiamo ogni giorno illuderci, insomma, per concludere, che siamo tutti retti e buoni; qui, le nostre incongruenze, i nostri difetti, se non altro, non dovrebbero fare vittime innocenti...
Speriamo di non dover mai vivere di questi dilemmi.
Anche se con la crisi, e la guerra economica che viviamo, di Burns, se ne vedono sempre di più, ed hanno gioco facile, oggi...
«When I die, bury me upside-down, so the world can kiss my ass»
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