Continuo qui, un rapido excursus sul
libro di Massimo Fini, “Elogio della guerra”, riprendendo il
discorso dal secondo capitolo “Le ragioni e le pulsioni”...
Le funzioni più evidenti della guerra
– il che non vuol dire che siano anche le più profonde – sono
quelle politiche.
Così, comincia questo secondo
capitolo; è ovvio, che la guerra, serve a definire i conflitti tra
gruppi, laddove le altre vie di risoluzione delle controversie, hanno fallito. La guerra, è foriera di pace, nella
misura in cui, alla sua fine, si raggiunge una nuova situazione di
equilibrio, sperando sia duraturo.
Ovvio che, questo pacifismo equivoco e
guerrafondaio, fu spesso l'alibi dei conquistatori; e difatti, Fini,
tira in ballo gli antichi romani, ma anche Napoleone e, persino,
hitler, che si pose il problema della pace e del “regime dei mille
anni” che la guerra, nelle sue idee, avrebbe garantito...
Nonostante tutte queste ipocrisie e
finalità visionarie, non si può comunque negare che, si parte da
una situzione di tensione e di instabilità che poi, con la guerra, per arrivare ad un nuovo e più saldo equilibrio, e ad un nuovo periodo di
pace...
Sfogato l'impulso bellico, definita la
partita, l'immediato dopoguerra, pur in mezzo alle distruzioni
materiali, è di solito uno dei periodi psicologicamente più sereni
per un popolo, vincitore o vinto che sia.
Senza la guerra, quanto durava il fascismo ?! |
La guerra, favorisce il ricambio delle classi dirigenti; se non ci fosse stata la guerra, le gerarchie fasciste e naziste, sarebbero rimaste al potere fino alla morte naturale dei propri capi, come avvenne nella Spagna di Franco, o nel Portogallo di Salazar. L'autore, cita vari casi a sostegno di questa tesi, elementare, parlando anche di ribaltone sociale ben più ampio.
Cambiano le leadership, si aprono spazi
per i giovani, si mischiano le carte, emergono ceti sociali nuovi
mentre altri affondano; tutto ciò, avviene naturalmente nei periodi
di guerra.
Aggiungerei io, anche nei periodi
immediatamente precedenti e successivi; ma questo, forse, avviene con
meno evidenza...
La guerra, è stata una forma, sia pur
rozza, primitiva e feroce, di contatto sociale fra civiltà
diverse. La guerra, insomma, si fa in due, istituendo comunque
dei rapporti tra le parti che proseguono, nel tempo, durante il
conflitto, non solo e non sempre con gli atti di guerra; anche
attraverso il riconoscimento reciproco, di regole e condotte, che
gestiscono il conflitto, ad esempio... Anticamente, i popoli, spesso
si conoscevano solo con la guerra.
La necessità di regolare, poi, in
qualche modo i rapporti tra vincitori e vinti, contribuisce al
processo di socializzazione tra le parti. Questo intreccio dei
rapporti, è escluso, nei rari casi che comportano la distruzione
totale del nemico; ma vi sono rari casi che si danno solo quando la
sproporzione e la diversità fra le due culture rende impossibile un
punto di incontro...
Mio nonno, a
ridosso del natale del '17, scambiò polli con sigarette, con gli austriaci; clandestinamente. Mi spiegò, essere in sporadici casi
(natale), prassi tollerata, tra le truppe, anche se sicuramente,
sarebbe costata la pena di morte, se formalmente individuata...
La guerra, ha una funzione
demografica; secondo la tesi di Malthus, un mezzo di riequilibrio
fra la popolazione e le sue possibilità di sostentamento. Come
spiega Fini, questa funzione è più evidente per le guerre moderne.
Le guerre dell'antichità, ed ancor meno quelle medioevali, com'è
stato documentato, producevano molto meno morti di quanto non si
pensi. Erano inferiori le capacità distruttive, anche se, cerestie
ed epidemie, fecero spesso ben più caduti.
Il problema della sovrappopolazione,
poi, si sente di più nell'epoca industriale; ecco allora che la
guerra, con una nuova capacità tecnologica di devastazione, si
presenta come “calmieratrice”, sia con l'aumento della mortalità,
che con il temporaneo calo delle nascite.
E se la guerra è un calmiere
demografico, parimenti la sovrappopolazione spinge, in un circolo
vizioso, alla guerra. Come mostrato da studi etologici e
antropologici, la sovrappopolazione aumenta l'aggressività,
soprattutto quando produce disoccupazione, compresa quella giovanile,
ma anche perchè i governanti tentano di scariscare all'estreno le
colpe della situazione...
Gli esempi che porta l'autore, sono
illuminanti.
La guerra è strettamente legata al
progresso tecnologico. La guerra è una questione di vita o di
morte e sollecita al massimo tutte le risorse e le energie umane,
fisiche, psichiche, intellettuali. Questa correlazione, stretta,
favorisce peraltro altre modificazioni nella struttura sociale.
Einstein e Oppenheimer, nel Progetto Manhattan... |
L'organizzazione in tribù, il
feudalesimo, lo stato moderno, si sono formati e sono stati concepiti
in funzione di una certa tecnica bellica. Fini, non spiega tutte
le evidenze di questo stretto legame, ma cita Bouthoul: “...fu
proprio l'entrata in scena dell'artiglieria che mise fine al
feudalesimo... La protezione del feudo, il legame stretto tra signore
e contadini, era colpita a morte...”
Nulla, poteva più resistere, ai
“cannoni del Re”; e questa nuova arma, richiedeva non solo
ingenti capitali, ma anche competenze, e specialisti ben
addestrati... L'artiglieria, fu una delle cause determinanti nella
formazione di eserciti permanenti e dell'affermarsi dello stato
assoluto, o moderno. Si potrebbero scrivere interi libri, solo su
questo aspetto; si consideri, ad esempio, che il "progetto Manhattan",
mosse tali capitali finanziari, ed umani, in tempi ristretti, che
oggi, in tempi di pace, oguno ne sarebbe informato, la notizia sarebbe di dominio pubblico... Oggi,
difficilmente, in tempi così stretti, si raggiungerebbero mai i
risultati simili, poi, noti a tutti...
Fin qui, Fini, ha elencato alcune
funzioni oggettive, della guerra.
Nelle società odierne,
post-industriali, una parte di queste funzioni è stata sostituita...
La funzione demografica, è sotto il controllo delle nascite;
l'interfecondazione, è agevolata dalla comunicazione e dai viaggi.
Il diritto commerciale, è oggi elemento assai più unificante dello
ius belli e la guerra economica ha sostituito la guerra vera !
Ma la guerra economica, non ha potuto
sostituire tutte le funzioni oggettive: la guerra come definizione
dei conflitti, la guerra come ribaltone sociale, la guerra come
ricambio delle classi dirigenti, la guerra come metabolismo della
Storia.
Borsa di Londra, la City di Londra... |
Nella parte finale del capitolo,
l'autore, cerca di indagare sul peso che queste due componenti,
oggettive e soggettive. Il discorso, supera come tutta l'opera, le
posizioni tipiche che riscontriamo oggi, nella società, nel pensiero
comune, nei mass-media. Nel lungo e complesso discorso, Fini, infine,
si limita solo a constatare che la guerra, oltre ad avere funzioni
oggettive, ha anche ragioni esistenziali profonde e rimuoverle,
ignorarle sbrigativamente o attribuirle solo ai capi, come fa il
pacifismo contemporaneo (ma anche la maggioranza degli studiosi che
si sono occupati della guerra), significa non inquadrare
completamente il fenomeno.
La guerra, NON è determinata solo dai
fatti; la guerra, non la vogliono solo i gruppi dirigenti, la
guerra, la vogliono ANCHE gli uomini. Questo è il discorso
finale sul quale concordo totalmente; sarebbe troppo lungo tentare
una sintesi del come, l'autore ci arriva. Non ci provo nemmeno, ma,
come riporto sotto, la questione se la pose anche Einstein che, nel
carteggio con Freud svoltosi all'inizio degli anni '30 si domandava:
“...com'è possibile che la minoranza riesca ad asservire alle
proprie cupidigie la massa del popolo ? …Una risposta ovvia,
sarebbe che la minoranza di quelli che sono al potere, ha in mano la
scuola e la stampa, e perlopiù anche le autorità religiose. Ciò le
consente di organizzare e sviare i sentimenti delle masse rendendoli
strumenti della propria politica. Pure questa risposta non dà una
soluzione completa e fa sorgere una successiva domanda: com'è
possibile che la massa si lasci infiammare con i mezzi suddetti fino
al furore e all'olocausto di se ?”
Forse, anche commentando i prossimi capitoli, riuscirò a trasmettervi alcune delle risposte che Fini fornisce; a me, convincono molto e, di sicuro, sono spunto di profonda riflessione.
Al prossimo capitolo.
Nessun commento:
Posta un commento