Edito per la prima volta da Mondadori, nel 1989, in libreria ho potuto trovare la 5a ristampa, edita Marsilio.
E' un saggio cruciale, per qualunque discorso sereno e libero da ideologie, che si voglia fare sulla "guerra", con una tesi che attraversa tutta l'opera, piuttosto lucida e condivisibile: la guerra, fa parte di noi.
Ora, detta così, brevemente, può risultare una affermazione non in linea con la attuale, apparente, pace... Ma, nell'era atomica, è cambiato solo l'approccio culturale, che ci fa chiamare la guerra, in modi diversi, indiretti ed ipocriti e che, soprattutto, ci impedisce di farla una vera guerra, visti gli arsenali nucleari che vanificano il concetto stesso di guerra... L'atomica, configurandosi come impossibilità di farla, una guerra tradizionale, ha svuotato la stessa di tutti quei significati oggettivi e soggettivi di cui l'autore tratta ampiamente e con lucidità mai vista.
Nessun moralismo, nessun sentimentalismo; la guerra è parte integrante della nostra umanità, negando questa verità, forse, neghiamo addirittura la nostra stessa umanità !
La considero un'opera unica, nel suo genere, e per questo, dedicherò un post per ogni singolo capitolo.
Capitolo I - La guerra: una storia infinita
La Guerra è una costante della storia.
Comincia così, il primo capitolo, dove l'autore dimostra, senza ombra di dubbi e citando numerosi studi, come non esistano discriminanti che possano confutare questa evidenza storica, questa evidenza umana...
Si inizia, con lo smontare il mito del buon selvaggio; il buon selvaggio, non è mai esistito, come testimoniano gli studi di Quincey Wright.
E' vero, invece, che la civilizzazione, aumenta la frequenza dei conflitti.
Se non è la civiltà, a chiarire l'insorgere della guerra, tantomeno lo è la forma di governo ! Dittatura, o democrazia, non spiegano nulla !
La guerra, è un fenomeno comune a tutte le socità, una costante nella storia...
L'autore prosegue, citando il carattere di sacralità che, spesso, durante l'antichità, lo stato di guerra assumeva, con i suoi riti e cerimonie di demarcazione officiati da sacerdoti, e con l'imperatore che agiva prima come sommo sacerdote, che non come comandante delle forze armate.
Fini, prosegue con il fornire la varie definizioni di guerra; quasi tutte segnate dal concetto di "violenza collettiva" fra gruppi politici contrapposti.
Ma, qui, amplia il concetto, inserendo il concetto di "leggittimità", quello che fa ritenere lecita, da entrambi i contendenti, quella violenza che è vietata, in tempi di pace. Una violenza legittimamente riconosciuta da entrambe le parti.
Fini, focalizza la sua attenzione sulla guerra convenzionale, lasciando fuori dalla sua definizione, il terrorismo, la guerriglia e la guerra civile; laddove insomma, una delle parti non riconosce come legittima la violenza dell'altra parte. L'altro confine che Fini si impone, nel ragionamento sulla guerra, è nella bomba atomica.
Fino alla sua comparsa, la guerra aveva spesso avuto una forte carica di ambiguità, essendo distruttrice, ma anche creatrice, catalizzatrice di immense energie, con molteplici funzioni svolte, nella società umana.
Con la bomba, la guerra diventa impossibile, coincidendo con l'annullamento, e la fine.
Inutile citare, o argomentare qui, le numerose funzioni che le guerre hanno svolto nella storia e nella società umana, funzioni politiche, economiche, sociali, demografiche...
George Washington, attraversa il Delaware... |
La guerra insomma, non come follia ed irrazionalità; ma la guerra con delle ragioni d'essere e con numerosissime ricadute.
Pace-guerra; giustizia, ingiustizia; anche su questi concetti, molte evidenze storiche, ci fanno comprendere con occhio meno ingenuo, la Storia... La guerra, NON è il male assoluto, in estrema sintesi.
Anche questo concetto, viene ben chiarito dall'autore, che scorre nei secoli, e nel dualismo pace-guerra, alcuni approcci delle maggiori culture del nostro mondo... Ancora una volta, si comprende come la guerra sia una delle poche costanti della nostra vita nei secoli...
MAI, prima dell'era nucleare, il pacifismo aveva attecchito e non solo per imposizioni delle classi dominanti che, sempre, hanno spinto nelle direzioni volute le varie società.
Il carattere ambiguo della guerra, come sopra sinteticamente esposto, lo è anche a livello soggettivo, infatti. L'uomo teme la guerra, ma ne è attratto, ne è affascinato.
E questa fascinazione, è chiara nei bambini che giocano alla guerra, così come nei numerosi videogame; aggiungo io, visto che nel 1989 ancora se ne parlava poco, anche nelle attuali discipline del Softair o del Paintball... Insomma, si gioca alla guerra, perchè la guerra è un richiamo forte, eppure, è il più grande tabù...
E Fini qui cita Roger Caillos nel suo "L'homme et le sacrè": nella guerra come nella festa, c'è un capovolgimento legittimo delle regole, o di parte di esse.
La festa, come la guerra, apre un periodo di socializzazione e di fortissima coesione durante il quale c'è " una comunione integrale di strumenti, delle risorse e delle forze"... Su questo tema, anche ci sarebbe da parlare per ore, come di altre analogie e significati soggettivi; anche utile, sarebbe scorrere la vasta filmografia bellica...
Una strabiliante caratteristica del rapporto tra uomo e guerra, è per l'autore il fatto che una volta che c'è, la guerra si fa con buona coscenza.
Chi ha combattuto e ucciso, non se ne vergogna, e tantomeno la sua comunità gliene fa una colpa. Il tema della legittimazione, qui, è vissuto sul lato soggettivo; il combattente, non è un assassino, e ciò viene riconosciuto da tutte le parti che hanno vissuto il conflitto...
Ma tutto ciò, è stato valido fino all'atomica, l'elemento estraneo che ha portato ad un fatto nuovo: l'impossibilità di fare la guerra. L'atomica, ha distrutto ogni funzione oggettiva e soggettiva della guerra.
Con l'avvento dell'atomica, la guerra, è diventata il grande TABU', finendo per delegittimare anche la guerra tradizionale.
Oggi, la guerra, si fa con cattiva coscenza, con vergogna; la guerra, è sempre "sporca"...
Franklin Roosvelt, firma la dichiarazione di guerra al Giappone |
E non tratto qui, il tema guerra e giustizia, brevemente trattato in questo primo capitolo; un tema che riprenderò più avanti. Di sicuro, anche qui, l'idea ampiamente interiorizzata è che non si possa conseguire una maggiore giustizia, con la guerra e, che non esista, insomma, la famosa "guerra giusta".
Ma siamo sicuri di questo ?!
L'autore cita alcuni casi di "pace, ingiusta", e qui mi fermo, rimandando questo ragionamento alla situazione attuale, discorso che farò molto più avanti...
E sul finire del capitolo, Fini ci sfida, infine, ad interrogarci su come la scomparsa della guerra (come esperienza e come valore) impatti sulla nostra società odierna, a livello psicologico, e nel carattere individuale e collettivo di una società.
Come abbiamo riempito questo vuoto ?! La guerra, insomma, ci manca ?!?
O non è forse, questa negazione, funzionale ad altri interessi, aggiungo io ?!
Oggi, viviamo forse un nuovo tipo di guerra, e, anche su questa mia riflessione finale, credo che tornerò, ed anche piuttosto spesso...
Spero qualcuno compri o legga questo saggio, di cui ho analizzato in sintesi solo il primo capitolo; più avanti, vi parlarò del secondo.
Elogio della guerra su wikipedia
Sito ufficiale di Massimo Fini
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