domenica 8 marzo 2015

Elogio della guerra. (2) Le ragioni e le pulsioni


Continuo qui, un rapido excursus sul libro di Massimo Fini, “Elogio della guerra”, riprendendo il discorso dal secondo capitolo “Le ragioni e le pulsioni”...

Le funzioni più evidenti della guerra – il che non vuol dire che siano anche le più profonde – sono quelle politiche.
Così, comincia questo secondo capitolo; è ovvio, che la guerra, serve a definire i conflitti tra gruppi, laddove le altre vie di risoluzione delle controversie, hanno fallito. La guerra, è foriera di pace, nella misura in cui, alla sua fine, si raggiunge una nuova situazione di equilibrio, sperando sia duraturo.
Ovvio che, questo pacifismo equivoco e guerrafondaio, fu spesso l'alibi dei conquistatori; e difatti, Fini, tira in ballo gli antichi romani, ma anche Napoleone e, persino, hitler, che si pose il problema della pace e del “regime dei mille anni” che la guerra, nelle sue idee, avrebbe garantito...

Nonostante tutte queste ipocrisie e finalità visionarie, non si può comunque negare che, si parte da una situzione di tensione e di instabilità che poi, con la guerra, per arrivare ad un nuovo e più saldo equilibrio, e ad un nuovo periodo di pace...
Sfogato l'impulso bellico, definita la partita, l'immediato dopoguerra, pur in mezzo alle distruzioni materiali, è di solito uno dei periodi psicologicamente più sereni per un popolo, vincitore o vinto che sia.

Senza la guerra, quanto durava il fascismo ?!





La guerra, favorisce il ricambio delle classi dirigenti; se non ci fosse stata la guerra, le gerarchie fasciste e naziste, sarebbero rimaste al potere fino alla morte naturale dei propri capi, come avvenne nella Spagna di Franco, o nel Portogallo di Salazar. L'autore, cita vari casi a sostegno di questa tesi, elementare, parlando anche di ribaltone sociale ben più ampio.
Cambiano le leadership, si aprono spazi per i giovani, si mischiano le carte, emergono ceti sociali nuovi mentre altri affondano; tutto ciò, avviene naturalmente nei periodi di guerra.
Aggiungerei io, anche nei periodi immediatamente precedenti e successivi; ma questo, forse, avviene con meno evidenza...

La guerra, è stata una forma, sia pur rozza, primitiva e feroce, di contatto sociale fra civiltà diverse. La guerra, insomma, si fa in due, istituendo comunque dei rapporti tra le parti che proseguono, nel tempo, durante il conflitto, non solo e non sempre con gli atti di guerra; anche attraverso il riconoscimento reciproco, di regole e condotte, che gestiscono il conflitto, ad esempio... Anticamente, i popoli, spesso si conoscevano solo con la guerra.
La necessità di regolare, poi, in qualche modo i rapporti tra vincitori e vinti, contribuisce al processo di socializzazione tra le parti. Questo intreccio dei rapporti, è escluso, nei rari casi che comportano la distruzione totale del nemico; ma vi sono rari casi che si danno solo quando la sproporzione e la diversità fra le due culture rende impossibile un punto di incontro...
Mio nonno, a ridosso del natale del '17, scambiò polli con sigarette, con gli austriaci; clandestinamente. Mi spiegò, essere in sporadici casi (natale), prassi tollerata, tra le truppe, anche se sicuramente, sarebbe costata la pena di morte, se formalmente individuata... 
La guerra, ha una funzione demografica; secondo la tesi di Malthus, un mezzo di riequilibrio fra la popolazione e le sue possibilità di sostentamento. Come spiega Fini, questa funzione è più evidente per le guerre moderne. Le guerre dell'antichità, ed ancor meno quelle medioevali, com'è stato documentato, producevano molto meno morti di quanto non si pensi. Erano inferiori le capacità distruttive, anche se, cerestie ed epidemie, fecero spesso ben più caduti.
Il problema della sovrappopolazione, poi, si sente di più nell'epoca industriale; ecco allora che la guerra, con una nuova capacità tecnologica di devastazione, si presenta come “calmieratrice”, sia con l'aumento della mortalità, che con il temporaneo calo delle nascite.
E se la guerra è un calmiere demografico, parimenti la sovrappopolazione spinge, in un circolo vizioso, alla guerra. Come mostrato da studi etologici e antropologici, la sovrappopolazione aumenta l'aggressività, soprattutto quando produce disoccupazione, compresa quella giovanile, ma anche perchè i governanti tentano di scariscare all'estreno le colpe della situazione...
Gli esempi che porta l'autore, sono illuminanti.

La guerra è strettamente legata al progresso tecnologico. La guerra è una questione di vita o di morte e sollecita al massimo tutte le risorse e le energie umane, fisiche, psichiche, intellettuali. Questa correlazione, stretta, favorisce peraltro altre modificazioni nella struttura sociale.
Einstein e Oppenheimer, nel Progetto Manhattan...
Ma lo stimolo alla trasformazione sociale non viene solo dalla conversione a uso pacifico delle invenzioni belliche, è la stessa tecnica militare, più di ogni altra variabile, a scandire il passaggio da un tipo di società ad un'altra.
L'organizzazione in tribù, il feudalesimo, lo stato moderno, si sono formati e sono stati concepiti in funzione di una certa tecnica bellica. Fini, non spiega tutte le evidenze di questo stretto legame, ma cita Bouthoul: “...fu proprio l'entrata in scena dell'artiglieria che mise fine al feudalesimo... La protezione del feudo, il legame stretto tra signore e contadini, era colpita a morte...”
Nulla, poteva più resistere, ai “cannoni del Re”; e questa nuova arma, richiedeva non solo ingenti capitali, ma anche competenze, e specialisti ben addestrati... L'artiglieria, fu una delle cause determinanti nella formazione di eserciti permanenti e dell'affermarsi dello stato assoluto, o moderno. Si potrebbero scrivere interi libri, solo su questo aspetto; si consideri, ad esempio, che il "progetto Manhattan", mosse tali capitali finanziari, ed umani, in tempi ristretti, che oggi, in tempi di pace, oguno ne sarebbe informato, la notizia sarebbe di dominio pubblico... Oggi, difficilmente, in tempi così stretti, si raggiungerebbero mai i risultati simili, poi, noti a tutti...

Fin qui, Fini, ha elencato alcune funzioni oggettive, della guerra. 
Nelle società odierne, post-industriali, una parte di queste funzioni è stata sostituita... La funzione demografica, è sotto il controllo delle nascite; l'interfecondazione, è agevolata dalla comunicazione e dai viaggi. Il diritto commerciale, è oggi elemento assai più unificante dello ius belli e la guerra economica ha sostituito la guerra vera !
Ma la guerra economica, non ha potuto sostituire tutte le funzioni oggettive: la guerra come definizione dei conflitti, la guerra come ribaltone sociale, la guerra come ricambio delle classi dirigenti, la guerra come metabolismo della Storia.
Borsa di Londra, la City di Londra...
Di qui nasce, secondo l'autore, una forzata immobilità politica che ha almeno due conseguenze: il dilagare di di sottospecie di guerre, come il terrorismo, la guerriglia, la guerra civile, che sono obbiettivamente più crudeli. La seconda, soggettiva, è il diffuso senso di impotenza e di frustrazione che, a sua volta, in un circolo vizioso, è causa di una sotterranea domanda di guerra (che non può essere soddisfatta).

Nella parte finale del capitolo, l'autore, cerca di indagare sul peso che queste due componenti, oggettive e soggettive. Il discorso, supera come tutta l'opera, le posizioni tipiche che riscontriamo oggi, nella società, nel pensiero comune, nei mass-media. Nel lungo e complesso discorso, Fini, infine, si limita solo a constatare che la guerra, oltre ad avere funzioni oggettive, ha anche ragioni esistenziali profonde e rimuoverle, ignorarle sbrigativamente o attribuirle solo ai capi, come fa il pacifismo contemporaneo (ma anche la maggioranza degli studiosi che si sono occupati della guerra), significa non inquadrare completamente il fenomeno
La guerra, NON è determinata solo dai fatti; la guerra, non la vogliono solo i gruppi dirigenti, la guerra, la vogliono ANCHE gli uomini. Questo è il discorso finale sul quale concordo totalmente; sarebbe troppo lungo tentare una sintesi del come, l'autore ci arriva. Non ci provo nemmeno, ma, come riporto sotto, la questione se la pose anche Einstein che, nel carteggio con Freud svoltosi all'inizio degli anni '30 si domandava: 
Omaha Beach, 6 giugno 1944...

“...com'è possibile che la minoranza riesca ad asservire alle proprie cupidigie la massa del popolo ? …Una risposta ovvia, sarebbe che la minoranza di quelli che sono al potere, ha in mano la scuola e la stampa, e perlopiù anche le autorità religiose. Ciò le consente di organizzare e sviare i sentimenti delle masse rendendoli strumenti della propria politica. Pure questa risposta non dà una soluzione completa e fa sorgere una successiva domanda: com'è possibile che la massa si lasci infiammare con i mezzi suddetti fino al furore e all'olocausto di se ?”

Forse, anche commentando i prossimi capitoli, riuscirò a trasmettervi alcune delle risposte che Fini fornisce; a me, convincono molto e, di sicuro, sono spunto di profonda riflessione.
Al prossimo capitolo.



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